Abitare viaggiando. Prospettive letterarie tra Chatwin e Heidegger
Abstract
This paper analyzes Bruce Chatwin's The Songlines, a late 20th-century masterpiece of travel literature, from a thematic perspective. We will explore the fact that his prose does not fit a defined literary genre (novel, diary, essay, collection of aphorisms) and that it can thus be examined only from a philosophical perspective. His literary production, in fact, stems from the need to understand his own life, thus creating a mise en abyme of journeys within his own story. The key question he asks himself is: why do people ‘move’ instead of standing still? Hence, his experience in Australia to find an answer along the Dream Ways of the Aborigines. These are tribes that for generations have handed down their endless repertoire of oral songs to orient themselves in the desert, to embark on ritual journeys rooted in the melodies of their ancestors, and to experience ‘the land’ in a way which has been long forgotten in today’s society. Therefore, as we explore the episodes of colonial and epistemic violence recounted by Chatwin, we will try to trace, together with one of his main philosophical points of reference, Martin Heidegger, a path towards the heart of the journey as a peculiar way of inhabiting the world by reversing it. Indeed, among the dozens of philosophical and literary references cited by Chatwin, behind which we can find the apparently negative shadow of cultural syncretism, there is a strong need to question the relationship that binds the essence of humankind to their wandering, to their religiosity, to their willingness to meet ‘the other’. Heidegger, especially in his second production, offers us useful tools to move away from our technocentric paradigm in favor of a more original poiesis than that of modernity and of a language (the mélos of the poets) that is deeper and more communicative than that of the industrial era. Today, humankind is ’capitalized’ and sedentary: their symbolic horizon seems to have disappeared and their sedentariness impacts on their natural willingness ‘to move’. This has turned into an aberrant form of imposition on nature – while peoples such as the Aborigines, because of this Eurocentric imposition, are uprooted from their land and alienated from their culture. Therefore, we will try to adopt a more globalized and exoticist perspective on travel in order to find a theoretical, ethical, and symbolic way to rethink the role and meaning of travel in the contemporary world.
Questo saggio cercherà di analizzare The Songlines di Bruce Chatwin, un capolavoro della letteratura di viaggio del tardo XX secolo, da una prospettiva tematica. Avvicinandoci al testo, analizzeremo l'impossibilità di incasellare la sua prosa in uno specifico genere letterario (romanzo, diario, saggio, raccolta di aforismi) e ci collocheremo invece su uno sfondo molto più complesso che per certi versi non può che essere filosofico. L'intera opera, infatti, parte da un'esigenza di senso legata alle vicende biografiche dello stesso Chatwin, capace di creare una mise en abyme di viaggi all'interno della propria storia. La domanda fondamentale che si pone è: perché gli uomini si muovono invece di stare fermi? Da qui la sua esperienza in Australia alla ricerca di una risposta lungo le Vie del Sogno degli aborigeni, tribù che da tempo si tramandano oralmente un infinito repertorio di canti con cui orientarsi nel deserto, per intraprendere viaggi rituali che affondano le radici nelle melodie degli antenati e in un'esperienza della terra a lungo dimenticata dalla nostra società contemporanea. In seguito, attraversando gli episodi di violenza coloniale ed epistemica raccontati da Chatwin, cercheremo di aprire, insieme a uno dei suoi punti di riferimento filosofici, Martin Heidegger, una finestra di riflessione che punti al cuore del viaggio come modo peculiare di abitare il mondo, rovesciandolo. Infatti, tra le decine di suggestioni filosofiche e letterarie citate da Chatwin, dietro le quali si nasconde l'ombra apparentemente negativa di un sincretismo culturale, c'è una profonda esigenza di interrogarsi sul rapporto che lega l'essenza dell'uomo al suo errare, al suo essere religioso, aperto all'incontro con l'altro; Heidegger, soprattutto nella sua seconda produzione, ci offre strumenti interessanti per uscire dal nostro paradigma tecnocentrico e per risvegliare il fare e il vivere dell'uomo nella forma di una poiesis più originale di quella della modernità e di un linguaggio (il mélos dei poeti) più profondo e comunicativo del chiacchiericcio dell'uomo dell'era industriale, capitalizzato, sedentario, il cui orizzonte simbolico sembra essere diventato impossibile, e la sua apertura costantemente irretita dalla sua sedentarietà, che si è trasformata in un'aberrante imposizione sulla natura a differenza di quella di popoli (come gli aborigeni) che, a causa di questa imposizione eurocentrica, sono sradicati dalle loro case e alienati dalla loro cultura. Infine, quello che cercheremo di fare è delineare una prospettiva diversa da quella della concezione del viaggio che oggi domina la visione eurocentrica, globalizzata ed esotista, per cercare di riscoprire un'alternativa teorica, etica e simbolica che ci permetta di pensare in modo diverso il ruolo e il significato del viaggio nel mondo contemporaneo.
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PDFDOI: https://doi.org/10.15162/2704-8659/1557
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E-ISSN: 2704-8659