Oltre l’“inclusione”: sull’uso politico del linguaggio, tra Linguaggio inclusivo ed esclusione di classe di Brigitte Vasallo e Grammamanti. Immaginare futuri con le parole di Vera Gheno
DOI:
https://doi.org/10.15162/1827-5133/1999Parole chiave:
genere, classe sociale, linguaggio, performatività, inclusività gender, social class, language, performativity, inclusivenesAbstract
Questo articolo propone un percorso di lettura tra due recenti libri delle studiose Brigitte Vasallo (Linguaggio inclusivo ed esclusione di classe) e Vera Gheno (Grammamanti. Immaginare futuri con le parole): dalla critica di Vasallo all’idea di “inclusività” alla proposta di Gheno di passare al concetto di “ampiezza”, da una prospettiva femminista i due testi propongono strumenti e metodi per un uso politico del linguaggio, a mio avviso agganciandosi alla concezione butleriana di “performatività”: grazie a essa è possibile, proprio attraverso il linguaggio, interrompere la reiterazione della riproduzione sociale di squilibri di potere. Ragionando nel contesto del dibattito sul cosiddetto “linguaggio inclusivo”, se con Vasallo emerge con forza l’esigenza di considerare la dimensione della “classe sociale” in un’epoca in cui il linguaggio è “la merce per eccellenza”, con Gheno si recupera quella dell’“amore” come sentimento e pratica applicabile anche al linguaggio. In entrambi i casi, le conclusioni propongono scelte di rinuncia – alla “verità” per Vasallo, alla “norma” per Gheno – per non ricadere nel sistema rigido di categorizzazione patriarcale che si vuole combattere. Questi approcci aprono fertili interrogativi per le politiche che le istituzioni pubbliche sono chiamate a promuovere, anche in ambitolinguistico, per la parità di genere e le pari opportunità.
This article proposes a reading path between two recent books by the scholars Brigitte Vasallo (Linguaggio inclusivo ed esclusione di classe) and Vera Gheno (Grammamanti. Immaginare futuri con le parole): from Vasallo’s critique of the idea of ‘inclusivity’ to Gheno’s proposal to move to the concept of ‘breadth’, from a feminist perspective the texts propose tools and methods for a political use of language, in my opinion latching on to the Butlerian concept of ‘performativity’: thanks to it it is possible, precisely through language, to interrupt the reiteration of the social reproduction of power imbal-ances. Reasoning in the context of the debate on the so-called ‘inclusive language’, if with Vasallo the need to consider the dimension of ‘social class’ emerges strongly in an era in which language is ‘the commodity par excellence’, with Gheno one recovers that of ‘love’ as a sentiment and practice also applicable to language. In both cases, the conclusions propose choices of renunciation – to the ‘truth’ for Vasallo, to the ‘norm’ for Gheno – in order not to fall back into the rigid system of patriarchal categorisation that one wishes to combat. These approaches open fertile questions for the policies that public institutions are called upon to promote, also in the linguistic sphere, for gen-der equality and equal opportunities.
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